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In primo piano

Rane verdi all'Oasi

Un breve e intenso incontro con alcune Rane verdi ( Pelophylax bergeri ) presso l'Oasi San Daniele, durante una mattinata di sfalcio erba e cura dell'Oasi con altri volontari. Nei vari stagni presenti vive e si riproduce una nutrita serie di Rane verdi, e talvolta anche la Rana di Lataste, che però non ho visto. Uno degli stagni ospita anche delle Ninfee (genere  Nymphaea ). Il primo incontro lungo il sentiero principale, le altre nello stagno delle Ninfee. Sula via del ritorno, una Lucertola muraiola ( Podarcis muralis ) attende che me ne vada.

Esperienze alienanti - Venezia e l'acqua alta

Dove:  Venezia
Quando: 12 novembre 2019



Ci sono esperienze che nella vita in qualche modo senti di dover vivere. Esperienze che ti rendono consapevole di quanto possono essere diverse le situazioni in cui ci troviamo a dover affrontare, non per scelta, ma che difficilmente si riescono a capire pur studiando, guardando e ascoltando le testimonianze di chi queste empeiríes le vive ogni giorno, ogni anno, per tutta la vita.

Da amante della fotografia, una di quelle esperienze altrui di cui personalmente ne ho sentito l'opus è l'alta marea. Ma non in un contesto qualsiasi. In quella che ragionevolmente considero LA Città, con articolo e lettera maiuscola. Venezia, che vive sospesa in bilico, su un mare generoso ma anche avaro di soddisfazioni e considerazione, quando svariati elementi si uniscono per generare un evento inedito, inaudito, sintetizzato in un solo numero, che diventa disperazione e angoscia, quando ti rendi conto del suo significato.

In questi giorni sarà spesso nominato, e saranno altrettanto spesso messe in onda immagini che attestano una amara verità, quella dell'imprevedibilità delle manifestazioni atmosferiche, frutto anche di scellerata leggerezza nel perpetrare scelte (poco) ambientali da anni e anni a questa parte. E' vero che l'acqua alta a Venezia è una costante, dovuta a eventi meteorologici e astronomici ineluttabili, ma è sotto gli occhi di tutti (anche di quelli che non vogliono vedere) che oggi i fenomeni tradizionali si manifestano con intensità e variabilità sempre meno tradizionali e prevedibili. L'acqua alta di martedì 12 novembre 2019 non era prevedibile in alcun modo, né probabilmente limitabile con ogni tecnologia oggi messa in campo, se non con una lungimiranza che è mancata e si spera venga rispolverata dai cassetti del buon senso, pieni di polvere (e speriamo oggi anche di un po' di acqua salata). Qualcuno l'ha chiamata Acqua Granda, come quella del 1966. Quello che rimane è una inconfutabile tragedia per una città e i suoi cittadini, in primis, e a seguire anche per il mondo intero, che vede un ulteriore tassello su un declino della città costruita sul mare che se non interveniamo in modo deciso e senza tante parole Mose non Mose rimpiangeremo colpevolmente.

Le previsioni davano per certa una marea eccezionale (per chi non fosse avvezzo alla terminologia, si intende per "eccezionale" una marea che sul livello del mare segni un valore superiore a 140cm), con 140-145 centimetri previsti per le ore 23:00. La quota prevista ci fa pensare ad una occasione per vivere da vicino questo evento, e io ed un amico ci organizziamo per partire verso le 19.30 ed essere a Venezia in tempo per raggiungere San Marco prima del culmine. Piano di attacco: arrivo in serata e ripartenza verso le 2 di mattina, mezzo preferito: auto, obiettivo Piazzale Roma.

Qualche ritardo più o meno previsto e giungiamo a Venezia con circa un'ora di ritardo sul previsto, il che significa avere meno di 70 minuti per raggiungere San Marco prima delle 23. Ovviamente parcheggio al piano scoperto, ma per fortuna il diluvio incontrato per strada termina prima dell'arrivo al parcheggio, quindi ci possiamo assettare senza problemi di umidità.

Stivali alti, fino a oltre metà coscia. Giacca impermeabile, ombrello, poncho di riserva.

Già davanti alla stazione dei treni l'acqua inizia a bagnare e poi ricoprire il selciato, tanto che la serata si preannuncia impegnativa fin da subito. Scegliamo un percorso che ci sembra possa essere sufficientemente scorrevole per giungere senza intoppi al nostro obiettivo. Macchina in borsa, cavalletto riposto e ombrello in mano perché nel frattempo ha ricominciato a piovere, fortunatamente non in maniera troppo fastidiosa (e ringraziamo il meteo, che "ironicamente" ci ha "graziato" durante la nottata). 
 
Momento inquietante. La sirena che annuncia marea eccezionale. Un suono tetro, che ti penetra le ossa e ti lascia un brivido, che personalmente continua anche quando smette il suono. E che sento anche ora, davanti alla tastiera, al caldo e all'asciutto. Vorrei sapere chi è il cugino di John Carpenter che ha scelto tali sonorità...

Per qualche liquido motivo ci ritroviamo indirizzati verso il Ponte delle Tette, che però risulta chiuso, prendiamo quindi la deviazione obbligata e qui inizia il primo momento di angoscia. L'acqua, che finora arrivava al ginocchio, sale, sale. Dopo poche decine di metri decidiamo di desistere, il percorso ci suona nuovo e inesplorato, e l'acqua non accenna a scendere, non possiamo proseguire pena il riempimento degli stivali di fetida acqua salata. Torniamo indietro, sul primo ponte consultiamo la cartina e individuiamo la retta via per Rialto. Un vento impressionante sbatte striscioni e scuri con violenza, brandelli sparsi per terra segnano il livello raggiunto. Sul percorso a ritroso un attimo di panico, un pezzo di cornicione (forse) si schianta a 10 centimetri dal mio amico. Ci affrettiamo a ritornare sulla strada maestra, non prima di avere rilasciato il respiro.

L'acqua è fresca ma non fredda come temevo, non patirò il freddo per tutta la serata. Un problema in meno, mi pare ce ne fossero già abbastanza per aggiungere questo.

Il buon proposito di non distrarci con la macchina fotografica prima di raggiungere San Marco va a farsi benedire ben presto, ma la situazione è caotica. Acqua sotto, acqua sopra, borsa in spalla, cavalletto e mezzo in mano, ombrello tenuto in qualche modo, un bel pasticcio. Nessun bagno fuori stagione, comunque. E un altro problema in meno. Tiè!



Verso Campo Santa Margherita, inquietudine parte due. Va via l'energia elettrica all'improvviso. Credo fossero tra le 10 e le 10.30, non so. Niente orologio, e telefono estratto solo per brevi pause documentative. Molto brevi. 
Venezia al buio, quasi silente, immersa in 50 centimetri di acqua (50 dal pavimento delle calli, tecnicamente non so il valore assoluto in quel momento). Una lenta processione di qualche decina di persone, fotografi, agenti di polizia, esercito, protezione civile, turisti, residenti, titolari di attività commerciali in ginocchio (figurato, al momento, visto il livello di monossido di diidrogeno  perdonate la concessione). Passi lenti e misurati, perché il divario tra pelo dell'acqua e limite dello stivale oscilla tra 4 e 10 centimetri, a seconda del passo e del fondo irregolare. Irreale e surreale.

Rialto al buio, ci ricorda che non manca tantissimo, ma che sarà un non-tantissimo un tantino più lungo del solito.

Qualche parola con un negoziante, che ci confessa la sua incredulità rispetto a quello che sta succedendo. A loro era giunta notizia di una marea eccezionale, fino a 160-170cm. Mai avrebbero pensato a quel numero lì. Maledetto quel numero lì. Così va.





Com è come non è arriviamo dunque a San Marco, non prima di essere passati davanti all'Hotel Cavalletto, famoso per le gondole schierate nell'ansa del canale davanti. Impressionante vedere l'acqua scorrere senza soluzione di continuità sopra e sotto il canale, solo la ringhiera a separare il passo sicuro da un tonfo sgraziato e sconsigliabile.


San Marco. Una distesa d'acqua. Decine di fotografi (troppi, per le nostre speranze, pochi, in senso assoluto), qualche decina dai, intenti a vario titolo nel catturare attimi di quella serata spettrale e speciale. L'acqua sta già scendendo, rispetto a poco fa, ma siamo sempre ben sopra al ginocchio, lo stivale ancora si può difendere. Un tavolino emerge in centro alla piazza come superstite di una serata che scrive un pezzo di storia. Di Venezia, e di noi.




A mezzanotte il suono delle campane dal campanile in quel contesto diventa un altro pezzo di emozione indimenticabile.


Non manca anche l'assurdo, in una situazione così drammatica.



Due ore dopo, è tempo di dirigersi all'inverso in direzione Ferrovia e Piazzale Roma. Ma la Sony non rientra nella borsa, non ne ha voglia e necessità


Il viaggio di ritorno è frastagliato da innumerevoli pause, alla ricerca di dettagli, contrasti, sensazioni fotografiche necessarie. Difficili le condizioni di scatto, il treppiede riposto, perché ritarderebbe oltremodo il ritorno allungando all'infinito le sessioni dagherrotipiche, quindi il mosso, forse poco creativo, è dietro l'angolo. Solo che tutto è angolo, e angolo non è da nessuna parte. O forse è la stanchezza, ma il cestino ha accolto questa fase con fame vorace. Ma qualcosa di positivo ne esce comunque.


 


Davanti alla stazione, ma anche ben per strada, lo scenario è post-apocalittico. La mattina del 13 novembre (questa, mattina) non è stata un gran risveglio per chi ha dovuto riportare un po' di ordine. Considerato che alle 10.30 era prevista una ulteriore mareggiata importante.


Arrivo al parcheggio, gioia di doversi fare 9 rampe di scale perché anche l'ascensore forse aveva voluto prendersi quel momento di libertà e contemplare l'immane tragedia che si stava compiendo tra calli, campielli e canali. Perché di tragedia, stiamo comunque parlando. Nonostante tutto lo sproloquio e il diloquio con cui ho cercato di mascherare il pianto di Venezia di questa notte.




Ah, il numero. Quello citato varie volte. 187.

187, dovrebbe risuonare a lungo ma non troppo nelle orecchie di tutti. Vogliamo forse trattare così la nostra meraviglia, che il mondo ci invidia e ci copia?



Vogliamo forse che Venezia passi da così...

 ...a così...


a così?


Non è un gioco...









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Due testimoni.

Io


Damiano Pignatti

Commenti

ClaudioPorcellana ha detto…
complimenti per il fegato!

sbaglio o ci sono stati dei morti in quel giorno di tregenda?
belle immagini comunque

per le cause, ho letto che molti anni anni prima la costruzione del porto di Marghera aveva comportato cospicue estrazioni di acqua dal sottosuolo, che hanno fatto abbassare il terreno sotto i piedi della città, e che il Mose è stato concepito così perché non si voleva impattare sul territorio con dighe tipo Paesi Bassi; due cattive scelte col senno di oggi

Valerio Brustia ha detto…
Ciao Leo,
Bravi!!!! Si fa cosi, si va si vede e si racconta.
Un saluto
Damiano Pignatti ha detto…
Se avessimo immaginato cosa avremmo trovato certamente avremmo desistito, ma complici i canali di comunicazione che tardivamente hanno comunicato la reale portata di marea di quella sera siamo arrivati a Venezia e raggiunto il Ponte degli Scalzi abbiamo capito, con la conferma della sirena che in quel momento ha iniziato a suonare, che la marea sarebbe stata di grande portata.
Sirena inquietante.
Ma la voglia e la curiosità tipici dei fotografi ci ha motivato attraverso le calli buie e con l'acqua al limite degli stivaloni. Abbiamo vissuto momenti critici, con acqua vento e oggetti che venivano trascinati da entrambi gli elementi.
Abbiamo visto una Venezia ulteriormente martoriata, maltrattata più dall'uomo che dalla natura.Tutto questo è colpa dell'uomo.
Ha creato bellezza da una parte , distrugge tutto dall'altra.

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